lunedì 8 giugno 2015

Sweeney Todd - Il barbiere Demonio


"La bocca grande come un forno, le mani enormi come quelle di una scimmia e soprattutto, ribelle al suo stesso mestiere, la capigliatura talmente folta da farlo sembrare più simile a un cespuglio che a una persona umana."

Sweeney Todd nasce in un misero stabile di Brick Lane (Londra), il 26 ottobre 1756, figlio di un tessitore di seta e di una donna di fatica, entrambi col vizio dell’alcol.
Durante l’inverno del 1768 (particolarmente rigido, il Tamigi ghiacciato, prezzi del carbone proibitivi, contadini in cerca di fortuna affollavano le strade della City, spesso lasciandoci la pelle), un giovane Todd si trova costretto a abbandonare precocemente gli studi per contribuire alle entrate in casa, aiutando nel trasporto della seta, presso la ditta dove lavorava il padre.
Poco dopo, perde i genitori (si crede che siano morti ubriachi assiderati per le strade londinesi) e si ritrova a 12 anni, da solo.
Si rifugia quindi presso la bottega di John Crook, un artigiano specializzato nella fabbricazione di coltelli, rasoi e altri utensili meccanici più o meno complicati, che lo “assume” come garzone. Proprio qua Sweeney inizia il suo approccio con le lame che lo avrebbe reso celebre in futuro.
Nel 1770, a 14 anni, viene accusato di un piccolo furto e si ritrova a dover scontare una pena di cinque anni nel carcere di Newgate.
Là conosce il suo mentore, tale Mr. Plummer, un uomo che in carcere si arrangia offrendo ai detenuti e ai secondini le sue competenze da barbiere (competenze che, dati i tempi, comprendevano pure l’estrazione dei denti, sistemazione di ossa, guarigione di ferite in suppurazione e tutto ciò che oggi si attribuirebbe a un medico-chirurgo), che decide di insegnare a Sweeney.
Scontata l’intera pena, Sweeney ha ormai 19 anni. Il suo sogno ora è quello di aprire un negozio, ma con i pochi soldi che ha si deve adeguare a lavorare per strada, come molti altri suoi “colleghi” dell’epoca.
Il giovane, riesce a mettere da parte una bella somma di denaro per coronare il suo sogno, che realizzerà nella primavera del 1785 aprendo il suo “famoso” negozio in Fleet Street 186, accanto alla chiesa di St. Dunstan. Nel frattempo, però, ha già iniziato la sua “carriera” di assassino: nei pressi di Hyde Park, infatti, uccide un uomo che, sospetta, avrebbe avuto una relazione con sua moglie. I giornali dell’epoca descrivono così il brutale omicidio:

Un sorprendente omicidio è stato perpetrato da un barbiere ambulante che esercitava accanto ad Hyde Park Coroner […] Un giovane gentiluomo capitato per caso dal barbiere, durante la rasatura ha detto di aver visto passare una bella ragazza lungo Hamilton Street, dalla quale aveva sicuramente goduto i favori la notte prima. Nella foga del racconto ne ha fornito una accurata descrizione. Il barbiere, convinto che la donna descritta fosse sua moglie, in un raptus di furore, ha tagliato la gola del giovane gentiluomo da orecchio a orecchio” (cfr. C. Camerani, Cannibali, Castelvecchi Editore 2010)


Abbandonata la moglie, il barbiere apre quindi il suo negozio in Fleet Street, un quartiere molto malfamato della città, frequentato soltanto da prostitute, ubriaconi e persone poco raccomandabili.

Il negozio del nostro barbiere, mostra il classico cilindro a spirale rosso e bianco e sulla vetrina si poteva leggere “easy shaving for a penny – as good as you can find any”.
La bottega del barbiere era un antro abbastanza tetro, dove si trovava una bacinella usata per custodire i denti marci tolti ai clienti, il camino su cui bollire l’acqua usata per la rasatura, la rastrelliera dove pendevano i ferri del mestiere e una massiccia sedia di legno, insolitamente disposta al centro della stanza.
La bottega confina con una chiesa e, nei suoi sotterranei, ha una fitta rete di cunicoli… proprio l’ideale per nascondere i clienti a cui toglierà la vita. 

Un meccanismo segreto consentiva a Sweeney Todd di uccidere e nascondere provvisoriamente le sue vittime. Al centro del pavimento del suo negozio c’era un foro quadrato in corrispondenza dello scantinato, chiuso con una piastra, con fissate due poltrone identiche, una nella parte inferiore, l’altra in quella superiore. Il tutto era collegato ad un meccanismo per una completa funzionalità. Nel retrobottega c’era una leva che, azionata, faceva ribaltare la piastra facendo cadere la vittima dentro la cantina causando al malcapitato di turno la rottura dell’osso del collo (se qualcosa nell’esecuzione andava storto, c’avrebbe pensato successivamente il barbiere con l’aiuto di un rasoio), di conseguenza la sedia inferiore occupava il posto di quella precedente, dandogli così tutto il tempo per ripulire qualsiasi traccia di sangue. Questo meccanismo è stato probabilmente frutto delle abilità apprese negli anni da John Crook.


Todd sceglieva le vittime in base al loro aspetto, fondamentalmente i benestanti si riconoscevano dall’abbigliamento e dagli oggetti di valore che si portavano appresso. Se il cliente era probabilmente povero dall’aspetto, il barbiere si accontentava del penny della rasatura, invece che prendersi la vita dell’individuo.
l barbiere non uccide solo per denaro, ma spesso anche per rabbia a seguito di discussioni di vario genere. E non lo fa da solo, ma con una compagna altrettanto folle: si tratta di Margery Lovett, una vedova tutt’altro che bella, che tuttavia riesce a conquistare e a diventare l’amante segreta di Sweeney. 
Margery apre anche una panetteria, molto rinomata nella Londra dell’epoca: ogni giorno, verso mezzogiorno, la gente vi si accalca per comprare i famosi pasticci di “vitello”, non sapendo che al posto del “vitello” porterà a tavola tenerissima carne umana, accuratamente scelta tra le vittime di Sweeney. Le ossa, gli organi, la pelle e tutti gli scarti vengono invece nascosti tra le ossa delle catacombe sotto la chiesa adiacente alla bottega.
L’odore di putridume dei resti delle vittime comincia infatti ad assalire i fedeli della chiesa che, allarmati, chiamano il Dipartimento della Salute londinese, facendo partire le indagini.
Ecco latraduzione della frase con cui il prete denuncia il fetore alle autorità:
 
Durante l’omelia ero obbligato a coprirmi il naso con un fazzoletto profumato per la forte puzza, cercavo di attenuare quell’odore mefitico, anche tutte le persone che seguivano la messa erano costrette a farlo, ma la chiesa era ormai appestata”.
 
Iniziano quindi le ispezioni in tutto il quartiere, in lungo ed in largo, ma non appena l’ispettore Blunt e i suoi colleghi cominciano a perlustrare i cunicoli sotto la chiesa si trovano davanti a una scena raccapricciante:
 
C’erano resti umani decomposti, impilati uno sull’altro fin quasi al soffitto. Accanto ad essi, giacevano parti di scheletri con brandelli di carne ancora attaccati. Teste nelle stesse condizioni, erano sparse tutto intorno”.
 
Seguendo le impronte insanguinate, l’ispettore Richard Blunt riesce a identificare l’autore di quel massacro con il barbiere, e lo collega anche alla panetteria. Ormai la storia è chiara. Per avere prove schiaccianti, Sir Blunt perquisisce la casa di Todd e vi trova gioielli e vestiti con le iniziali del nome delle vittime.
 
Nel 1801 inizia il processo. Dopo pochi mesi Margery Lovett, sicura di una condanna a morte, si avvelena nella sua cella dopo aver confessato tutti i suoi crimini.
Il 25 gennaio del 1802, davanti a migliaia di persone, Sweeney Todd viene impiccato. Finisce così la storia del barbiere demoniaco di Londra.

Difficile fare una stima precisa delle vittime del Barbiere Demonio, ma basandosi sui differenti capi d’abbigliamento trovati nella casa di Todd, si contano circa 160 persone.




sabato 6 giugno 2015

Sakakibara Seito


Sakakibara è lo pseudonimo usato da un serial killer giapponese che, nel 1997, ferì e uccise in maniera particolarmente brutale alcuni ragazzini delle scuole elementari. La scoperta che il colpevole era un ragazzo di quattordici anni produsse un violento impatto su tutta la società giapponese.

Il nome intero con cui il ragazzo si firmava è Sakakibara Seito Il primo è un normale cognome giapponese, scritto tuttavia con ideogrammi inusuali: "sake" "demone" "rosa" "Seito" è scritto con gli ideogramm di "santità" e "Orsa Maggiore" quindi: "La santa Orsa Maggiore". Da notare che seito è anche traducibile come "studente", se scritto con diversi ideogrammi ciò è forse da mettere in relazione coi riferimenti all'oppressività del sistema scolastico nipponico citata nei proclami spediti da Sakakibara stesso alle forze dell'ordine e ai quotidiani.
Le vicende
Il 10 febbraio 1997 sakakibara aggredisce con un martello due scolare delle scuole elementari di Kobe, una delle due rimane gravemente ferita. Il padre di una delle ragazzine crede di riconoscere nel racconto della figlia il colpevole e chiede una verifica in tal senso alla scuola frequentata da Sakakibara. La scuola, tuttavia, aggira la richiesta, che rimane insoddisfatta.
Il 16 marzo dello stesso anno, Sakakibara colpisce alla testa, sempre con un martello, una bambina di dieci anni, che entra in coma, e muore dopo undici giorni. In fuga dal luogo del delitto, Sakakibara si imbatte e ferisce al ventre un'altra bambina, di nove anni.

Il 24 maggio Sakakibara porta in un luogo isolato un ragazzino di undici anni, e quindi lo strangola. Il giorno successivo gli stacca la testa, che fa ritrovare, due giorni dopo, in cima al muro d'ingresso della scuola. La testa è sfigurata: gli sono stati cavati gli occhi, la bocca è tagliata come a formare un sorriso. Dentro la bocca Sakakibara ha inserito due fogli ripiegati, in cui lancia la sua sfida alla polizia. Le prime righe dicono: "Forza, il gioco comincia! Miei cari stupidi poliziotti, provate a fermarmi". Si firma come Sakakibara Seito. Il 6 aprile un quotidiano locale riceve una sua ulteriore missiva.

Il 28 giugno il "Ragazzo A" viene arrestato. È quindi affidato a strutture rieducative, dove rimane sino al febbraio 2004, al raggiungimento della maggiore età. Il suo processo di reinserimento sociale riceve l'approvazione degli specialisti, tanto che all'inizio del 2005 gli è concessa la libertà provvisoria, provvedimento che suscita notevoli polemiche. L'identità e la nuova residenza di Sakakibara rimangono a tutt'oggi coperte dal più stretto segreto.

Il dibattito

Diversi gli elementi che hanno conferito alle imprese di sakakibara un'esposizione mediatica pressoché assoluta: la particolare efferatezza dei delitti, la lucidità dei proclami, la testimonianza del diario della vittima, in cui dichiarava di offrire le vittime a un'entità divina di sua invenzione, la presenza costante della scuola come teatro della tragedia e bersaglio degli assassinî.

Non da ultimo, anzi, forse il fatto principale, è stata la scoperta della giovane età del colpevole, quando tutti i profili preparati dagli esperti, anche in analogia con il caso, del 1989, di Miyazaki Tsutomu, immaginavano Sakakibara come un uomo di mezza età, otaku più o meno integrale, e in possesso di automobile.

L'apparente normalità del "Ragazzo A", tuttavia, mostrava evidenti indizî di una situazione anomala, e la domanda a questo punto è stata se, con una giusta attenzione, non si sarebbe potuto fermarlo in tempo. Sin dall'infanzia Sakakibara era difatti noto per trascorrere il tempo libero torturando e uccidendo cani, gatti e altri animali. Inoltre la madre, nonostante fosse stata avvertita dell'instabilità psicologica del figlio, non recedeva dal suo ruolo, tipico della società giapponese contemporanea, di sprone inflessibile per i migliori risultati scolastici possibili.

L'odio verso la società in generale, ma la scuola in particolare traspare da ogni riga scritta da Sakakibara e da ogni suo gesto. Nel suo primo proclama si autodefinisce, con un inglese sgrammaticato, "Shool Killer", mentre, in una lettera a un quotidiano, accusa il totalizzante sistema educativo giapponese di averlo trasformato in una "entità invisibile" (
透明存在). Sakakibara giustificava a sé stesso e al mondo i suoi brutali omicidî come un atto di espiazione, in cui l'unica via di liberazione dal proprio dolore era dare dolore ad altri.

Significativamente ironico, in tal senso, che la mancata identificazione di Sakakibara, possibile sin dal suo primo gesto, sia stata bloccata proprio da quella forma di omertà tipica delle scuole giapponesi.

Le conseguenze

Tra gli effetti più immediati del caso di Sakakibara, ancor prima dell'arresto, si è avuto un leggero giro di vite sulla distribuzione di film horror o con tematiche assimilabili ai delitti in corso, giro di vite che, tuttavia, non è durato che pochi mesi. Lo stesso si può dire per le polemiche sulla dannosità di certa cultura per ragazzi, seguite al ritrovamento, tra gli oggetti personali di Sakakibara, di una gran quantità fumetti dell'orrore o pornografici. Il famoso manga X (che non tratta tematiche di omicidio od assimilabili al caso, ma è particolarmente violento) è stato sospeso a tempo indeterminato anche in conseguenza del caso Sakakibara.

Conseguenze molto più concrete sono state le richieste di riforme, in senso restrittivo, delle leggi penali nei confronti dei minori, ciò che è avvenuto nel 2000, con l'abbassamento della responsabilità penale dai 16 ai 14 anni.



I maniaci di Dnepropetrovsk


Igor Suprunyuck, Viktor Sayenko e Alexander Hanzha sono i tre diciannovenni noti in Ucraina come i maniaci di Dnepropetrovsk responsabili di almeno 21 massacri perpetrati nell'arco di tempo di un mese.
I tre hanno iniziato torturando ed uccidenti piccoli animali come cani e gatti, poi hanno deciso che non era più sufficiente e sono passati alle persone (nella foto in alto i due si mettono in mostra di fronte ad un animale da loro massacrato ed impiccato ad un albero).
Delle vere e proprie bestie che si divertivano a filmare i massacri, per i quali utilizzavano martelli e sbarre di ferro, e non soddisfati finivano il tutto recandosi ai funerali delle loro vittime, dove si scattavano foto mentre fingevano di disperarsi per la loro scomparsa.
Omicidi
I primi due omicidi avvennero il 25 giugno 2007. La prima vittima fu una trentatreenne di nome Ekaterina Ilchenko, che stava tornando a casa dopo avere bevuto un tè da un suo amico. Igor e Viktor erano fuori a fare una passeggiata: quando la vide, Igor la uccise con una martellata sul cranio. Il suo corpo fu trovato dalla madre alle 5 del mattino.
Un'ora dopo uccisero Roman Tatarevich, che stava dormendo su una panchina vicina alla prima scena del delitto. Il cadavere era irriconoscibile in quanto la testa gli era stata sfracellata con un oggetto contundente molte volte. Il 1° luglio Evgeniya Grischenko e Nikolai Serchuk vennero trovati assassinati nella vicina città diNovomoskovsk. La notte del 6 luglio fu ucciso con un oggetto contundente Egor Nechvoloda, un soldato che si era appena congedato dall'esercito; stava tornando da un night club. La madre, allertata dagli abitanti di un codominio della Bohdan Khmelnytsky Street, trovò il corpo il mattino seguente.
Il 7 luglio furono aggrediti due quattordicenni di un villaggio vicino,Podgorodnoye, mentre andavano a pescare. Andrei Sidyuck morì, mentre Vadim Lyakhov riuscì a fuggire ma fu arrestato dalla polizia in quanto sospettato dell'omicidio di Andrei.
Seguirono altri 15 omicidi: la coppia arrivava a uccidere più vittime in un giorno. Dal 14 al 16 luglio vennero trovati due cadaveri al giorno, per un totale di 6. Le vittime erano selezionate senza nessun criterio specifico: tra di esse si contavano donne, bambini, anziani, vagabondi o persone sotto l'effetto dell'alcool. Per i delitti usavano martelli o sbarre di acciaio; in almeno un caso usarono anche un coltello. I colpi erano diretti alla testa e viso. I malcapitati venivano spesso torturati e mutilati; ad alcuni vennero cavati gli occhi mentre erano vivi. Una vittima era incinta: il feto le venne estirpato dal ventre. Venivano in qualche caso caricati sulla Daewoo di Igor e derubati dei loro cellulari e oggetti di valore. Venivano venduti a dei negozi di seconda mano della zona. Gli omicidi si svolsero a Dnepropetrovsk e a Dnipropetrovsk Oblast in un mese circa.

Indagini

Dopo il delitto del quattordicenne del 7 luglio gli omicidi precedenti vennero messi in connessione. Vadim, che era stato arrestato in quanto sospettato, fu picchiato e fatto confessare dalla polizia. Diventò subito chiaro che non aveva commesso lui il delitto. Quindi collaborò con gli agenti per creare un identikit degli assassini
Fu quindi creata una task-force da Kiev, guidata dall'investigatore Vasily Paskalov. Cominciò pure la caccia all'uomo delle forze locali. Oltre 2000 investigatori lavorarono sul caso. Inizialmente le indagini rimasero segrete e non venne rilasciata alcuna informazione sui delitti. Gli abitanti del luogo non vennero messi in guardia: non vi fu né una diffusione pubblica delle gesta dei serial killer, né una diffusione pubblica dell'identikit dei killer.
Arresto
Gli agenti identificarono della refurtiva nel negozio di pegni del distretto di Leninskiy; la descrizione dei venditori combaciava con gli identikit dei sospetti. I tre vennero arrestati il 23 luglio 2007. In quel momento Igor stava provando a vendere un cellulare in un altro negozio locale in cambio di 150 hryvnia, che rrispondono a circa 20$. Quando fu messo in funzione per prova, gli agenti tracciarono la locazione per vedere dove si trovasse il proprietario. Individuato, fu arrestato insieme a Viktor. Hanzha fu arrestato a casa sua nel momento in cui stava buttando i cellulari rubati nel water.
Gli vennero attribuiti 29 capi di imputazione, tra cui 21 omicidi e 8 aggressioni. A Igor vennero attribuiti 21 delitti, 8 rapine a mano armata e un capo di violenza verso animali (zoosadismo). A Viktor vennero attribuiti 18 omicidi, 5 rapine e un capo di violenza verso animali. Ad Hanzha vennero attribuite 2 rapine. I tre confessarono velocemente, ma Igor più tardi ritrattò la confessione.

Processo


Il processo si aprì nel giugno 2008. Igor si dichiarò innocente, mentre gli altri due sospetti si dichiararono colpevoli. Viktor Chevguz, l'avvocato della difesa di Igor, abbandonò il caso dopo che non ottenne l'insanità mentale per il suo cliente. Tra le prove contro gli imputati si contavano macchie di sangue sui vestiti e delle registrazioni degli omicidi. La difesa negò che le persone nei video erano i suoi clienti 
Per Viktor e Igor vennero proposti il carcere a vita; per Hanzha 15 anni di lavori forzati (si ricorda che l'Ucraina non ha più la pena di morte dal febbraio 2000.
I tre ragazzi avevano altrettanti avvocati nominati dalla corte, ma Viktor volle cambiare il proprio legale con suo padre Igor Sajenko, che si era laureato in Legge due mesi prima. La difesa di Hanzha consistette nel fatto che non aveva commesso delitti. Confessò una rapina ai danni di due uomini, sperando di allievare la sentenza. Nelle altre difese gli avvocati chiamarono i detective che si occuparono del caso, incluso il capo della squadra che arrestò i killer. Li accusarono di avere svolto ricerche illegali e insistettero sul fatto che le persone apparse nei vari video non erano Igor e Viktor.
 Prove della loro colpevolezza venivano dal materiale multimediale riguardante gli omicidi contenuto nei cellulari e computer. In un video si vede l'omicidio del disabile Yatzenko: venne ucciso a martellate e gli fu piantato un cacciavite nell'occhio e nell'addome mentre era ancora vivo. L'attacco durò più di 4 minuti, nei quali la vittima continuò a svenire e rinvenire.
I due possedevano pure delle foto dei funerali delle vittime in cui sorridevano mentre toccavano le bare, altre foto mostravano gli atti di zoosadismo.
Tra un delitto e l'altro, Igor collezionava dei ritagli di giornale che parlavano del caso. Queste prove (300 foto e 2 video) vennero mostrate alla corte il 29 ottobre 2008 per la prima volta. I video, che crearono shock per la loro crudezza, mostrarono chiaramente che i killer erano Igor e Viktor. La difesa disse che le prove erano state ottenute illegalmente e che erano state falsificate. Quando venne chiesto agli imputati se riconoscevano le persone nel video, loro negarono. Allora il giudice Ivan Senchenko rispose loro: “Voi non siete ciechi”. Inoltre un esperto di modifiche di pellicole, Valery Voronyuck, testimoniò che i video non erano stati alterati, di conseguenza gli atti della difesa non furono accolti.

Esito

L'11 febbraio 2009 la corte di Dnepropetrovsk trovò colpevoli Igor di 21 omicidi premeditati e Viktor di 18, condannandoli entrambi al carcere a vita. Inoltre, fu loro comminata un'ulteriore condanna a 15 anni di reclusione, tenendo conto anche delle rapine e atti di zoosadismo. Alexander Hanzha ebbe 9 anni di carcere per due rapine. Il giudice pensò che il movente dei loro crimini fosse una “morbosa affermazione di sé”. La corte in generale notò la loro povertà emozionale nelle parole e il loro disinteresse verso le persone e gli standard morali.
Altre ipotesi del movente furono quelle secondo cui i delitti venivano commessi per essere filmati e venduti all'estero: i killer si sarebbero potuti arricchire, mentre il detective Bogdan Vlasenko pensò che i filmati fossero stati girati per essere un ricordo del delitto.
Gli avvocati della difesa annunciarono la loro intenzione di appellarsi alla sentenza in quanto secondo loro l'autenticità del materiale multimediale non era stata stabilita al di là del dubbio.
Vladimir Suprunjuk affermò che il figlio Igor era stato torturato per ottenere una confessione e citò inoltre irregolarità durante le indagini e che la causa verso il figlio era falsa .
Il 18 agosto 2009 la Corte Suprema dell'Ucraina rinviò il caso alla Corte di Appello Regionale di Dnepropetrovs e l'appello fu programmato per il 5 ottobre
Il 24 novembre 2009 la Corte, come da previsto, confermò le condanne a vita di Igor e Viktor; Hanzha non si appellò contro la sua pena di 9 anni.

venerdì 5 giugno 2015

Richard Kuklinski - The Iceman


Richard Leonard Kuklinski nasce a Jersey City, nel New Jersey, Usa, l'11 aprile del 1935. Passato alla storia come uno dei più feroci criminali statunitensi, assassino spesso al soldo della mafia italo-americana, è stato soprannominato "The Iceman" (L'uomo di ghiaccio), per la sua pratica di congelare le proprie vittime. Secondo la polizia americana sono opera sua almeno una quarantina di omicidi, tutti comprovati. Alcune stime però gliene attribuiscono fino a 250.
La famiglia in cui cresce Richard, sin da quando è solo un bambino, è a dir poco agghiacciante. I genitori, di fede cattolica, sono violenti e alcolizzati. Suo padre, Stanley Kuklinski, è un emigrato polacco, in una zona, quella del Jersey, che agli inizi del Novecento diventa una sorta di meta scelta proprio dalle comunità polacche. Sua madre, Anna McNally, è invece nata a Dublino. I due si sposano nel 1925 e il loro secondogenito è Richard.
Il primo omicidio di Kuklinski di cui si ha traccia viene compiuto all'età di 14 anni. Arriva al termine di uno scorcio di vita quasi impossibile, continuamente percosso, ingiuriato e umiliato dai propri genitori, violenti con lui e con gli altri figli. Stando alle sue dichiarazioni, la morte del primo figlio, Florian, fratello di Richard, sarebbe stata proprio ad opera del padre. Successivamente, interrogati dalla polizia, i familiari avrebbero dichiarato che la morte sarebbe stata causata da una caduta dalle scale.


Richard in questi anni se la prende con gli animali, che tortura, e prova come unico desiderio quello di voler ammazzare suo padre. Nel 1949 uccide invece un ragazzo di nome Charley Lane. Questi, a capo di una banda, maltrattava Richard e altri ragazzi e la reazione del futuro killer arriva al termine di una lite, che lo porta a colpire l'altro ragazzo con un bastone. Dopo averlo ammazzato, occulta il cadavere fuori città.
La "carriera" del giovane Kuklinski prosegue in una banda criminale, specializzata nelle irruzioni nei supermercati, rapine, furti con scasso e saccheggi di alcolici. Proprio l'alcol, intorno ai vent'anni, diventa un vero problema per il futuro killer, sempre più dipendente e incapace di smettere. Diventa un asso del bigliardo e un brutto ceffo della zona, capace, a dire di molti, di picchiare a sangue chiunque per un motivo qualsiasi, come una sconfitta al tavolo verde o uno sguardo sbagliato.
A cambiare la vita di Kuklinski è l'incontro con il clan degli italiani, favorito dall'aver conosciuto una ragazza di diciotto anni di nome Barbara Pedrici, che il criminale di origine polacca sposa dopo poco tempo dal loro fidanzamento. Tuttavia la famiglia di Barbara non lo vede di buon occhio, anche per il fatto di non appartenere alla comunità italiana. Così la coppia decide di vivere ai margini della città, vicino al bosco, luogo nel quale il criminale avrebbe occultato molte delle sue future vittime.

Con Barbara ha tre figli, Merrick, Chris e Dwayne. Con i tre non riesce ad essere violento, ma è sempre amorevole, soprattutto con la primogenita malata. Con la moglie invece alterna momenti di violenza a lunghi periodi di tranquillità. I familiari non hanno mai saputo niente dei suoi omicidi, né degli altri traffici illegali nei quali ha finito per essere coinvolto, se non al momento dell'arresto.
La svolta arriva quando Richard Kuklinski conosce il mafioso italo-americano Carmine Genovese, al servizio della famiglia De Cavalcante. Da quel momento diventa il braccio operativo dell'organizzazione criminale, uccidendo al loro servizio. Tuttavia, il suo nome di killer circola anche nelle altre famiglie e non sono pochi coloro i quali lo chiamano per dei "lavori" isolati, a pagamento, per risolvere questioni illegali o personali.
Il mafioso Sammy "Bull" Gravano lo avrebbe chiamato per far fuori l'altro capomafia di quegli anni, Paul Castellano, a Sparks Steakhouse. L'altro capoclan, John Gotti, lo assume invece per uccidere e torturare il proprio vicino, colpevole di aver investito casualmente il figlio.
Kuklinski investe sul sadismo altrui, e sul proprio, ovviamente. Per un costo aggiuntivo fa soffrire le proprie vittime portando poi la prova di un lavoro ben fatto alla persona che lo ha assoldato. Una delle sue tecniche più usate, oltre a quella di congelare alcune vittime, è quella di rinchiudere una vittima in fin di vita in una grotta, legata e immobilizzata, e porre davanti a questa una telecamera, in modo che il suo "mandante" possa vedere in che modo i topi abbiano ridotto la persona che desideravano morta. Dopo l'arresto, il criminale ha dichiarato di non aver mai provato rimorso per le sue vittime.
I mafiosi che vogliono le sue prestazioni da killer, talvolta lo assumono anche per lavori molto delicati, da svolgersi in posti lontani, al termine di lunghi viaggi. New York, Zurigo, Brasile e molte altre località. Inoltre, con l'appoggio della mafia, verso gli anni '60 e '70, Kuklinski investe nell'industria del porno, fiorente in quegli anni in America, la quale gli frutta migliaia di dollari. Tuttavia il vizio del gioco d'azzardo, sempre più compulsivo, lo porta a sperperare gran parte del suo patrimonio.
La cosa che più lo affascina, secondo quanto dichiarato dopo l'arresto, è "lo studio della vittima". Ad ogni modo, anche l'esecuzione non deve essere estranea ai suoi piaceri, se si considera che ha praticamente ucciso in ogni modo possibile, dalle pistole e i fucili, alle bombe sino a mazze e coltelli. Inoltre, ad un certo punto della sua carriera di killer, si specializza nell'uccisione mediante una miscela di cianuro, la quale toglie la vita al malcapitato in meno di cinque secondi mascherando a tutti gli effetti l'evento come arresto cardiaco.
Balestre, asfissia attraverso sacchi di plastica, a mani nude e per annegamento, completano il quadro del suo modo di agire. A questi metodi efferati, va aggiunta la sua straordinaria capacità di occultamento dei cadaveri, che spesso e volentieri lo porta a fare in moltissimi pezzi le sue vittime, per disperderne le tracce un po' ovunque.

L'uomo che ha posto fine alla sua vita di assassino si chiama Domenico Polifrone. Questi, agente infiltrato, riesce ad accumulare finalmente una serie di prove contro Kuklinski, incastrandolo definitivamente il 17 dicembre del 1986, dopo anni di indagini passate sulle sue tracce, sviate continuamente per l'abilità del criminale di compiere omicidi sempre in modo diverso, senza mai lasciare impronte del suo passaggio.

Condannato a sei ergastoli, dopo aver confessato un numero imprecisato di omicidi, Richard Kuklinski non viene condannato a morte, a causa dell'assenza di testimoni oculari. Oltre a Castellano gli viene attribuito anche l'omicidio dell'altro capomafia, Carmine Galante.
Viene rinchiuso nella prigione del New Jersey, nella quale, al momento della sua cattura, si trova anche suo fratello Joseph, accusato di aver violentato e ucciso una ragazzina di dodici anni. Kuklinski si sarebbe sempre rifiutato di incontrarlo, avendo assunto come regole basilari del suo modo di lavorare i dettami della mafia antica italiana, secondo il cui codice morale la violenza sui minori e sulle donne costituiva un reato inaccettabile.
Durante la detenzione Richard Kuklinski viene convinto a rilasciare interviste, prendendo parte ad alcuni documentari. Lo scrittore Philip Carlo lo convince a stendere la sua biografia, che viene pubblicata con il titolo di "The Ice Man: Confessions of Mafia Contract Killer". Questa contiene praticamente tutti i suoi delitti, i quali, a suo dire, si aggirerebbero sul numero di 200 e oltre, in un arco di tempo che va dal 1948 al 1986.

Richard "The Iceman" Kuklinski muore all'età di settant'anni, alle ore 1.15, il 5 marzo del 2006, a Trenton, nel New Jersey. Sebbene l'autopsia del medico legale abbia riscontrato una morte naturale esiste il sospetto che possa essere stato avvelenato per un regolamento di conti.

giovedì 4 giugno 2015

Vlad III di Valacchia - L'impalatore


Vlad III nacque il 2 novembre 1431 a Sighișoara in Valacchia, una regione compresa tra le alpi transilvaniche e il Danubio. È il figlio secondogenito di Vlad II, governatore della Valacchia e futuro Vovoida (principe) di Transilvania, e della principessa Cneajina, appartenente alla prestigiosa famiglia moldava dei Musatin. 
Anni prima il padre aveva ottenuto un importante riconoscimento che segnerà il destino dell’intera dinastia: il titolo di Cavaliere dell’Ordine del Drago, da cui la famiglia prese il nominativo di Dracul, che in romeno significa drago o anche diavolo. Questo ordine religioso creato nel 1387 da Sigismondo, re d'Ungheria (in seguito Imperatore del Sacro Romano Impero) e dalla sua seconda moglie, Barbara Cilli, aveva lo scopo principale di proteggere gli interessi del Cattolicesimo e lottare contro i troppo "espansivi" Turchi. 
Da quel momento Vlad II usò il simbolo del drago sulle monete e i vessilli di guerra e fra i superstiziosi sudditi iniziarono a girare voci di un sospetto patto con il diavolo. Lo stesso Vlad III amava farsi chiamare Draculea che in romeno significa Figlio di Dracul, da cui lo scrittore Bram Stoker ha tratto il nome del suo famoso vampiro. 
Il suo appellativo più usato però era Tepes - ovvero: impalatore - a causa della sua morbosa ossessione per questo metodo di tortura. 

IL soggiorno alla corte del sultano.

Il fratello primogenito di Dracula, Mircea, legittimo erede al trono e figlio preferito di Vlad II, partecipò attivamente alle campagne militari affiancando il padre in battaglia. Mentre la fama del valore militare di Mircea continuava a crescere, i territori della transilvania erano minacciati dalle truppe del Sultano Murat II. Il padre decise così di piegarsi ai voleri del sultano, e nel 1440 lo lascia entrare liberamente nel paese. Come segno di fedeltà (e per evitare di essere imprigionato o ucciso) gli affida in ostaggio i figli Vlad III e Radu(terzogenito), disinteressandosi completamente della loro sorte.

I due ragazzi, crebbero così alla corte del sultano, apprendendo abitudini e regole della diplomazia ottomana, raffinando le tecniche di raggiro e simulazione. Parteciparono a magnificenti banchetti e conobbero, giovanissimi, la lussuria degli Harem maschili e femminili. 
Assistettero con morboso interesse al martirio dei nemici di Murat, imparando nuove tecniche di tortura. 

L'usurpatore

Intanto in Transilvania nel 1447 il padre Vlad II e Mircea caddero in un’imboscata: il padre morì durante la battaglia, mentre il fratello venne accecato con ferri roventi e sepolto vivo. 
La sciagura fece sì che il nuovo legittimo erede al trono valacco divenisse di fatto il sedicenne Vlad III. Quando venne a sapere della notizia, Vlad decise di scappare dalla corte Turca.
Giunto nella reggia paterna di Tirgoviste, la trovò occupata da un usurpatore. Stanco e consapevole di non poter combattere da solo si rifugiò in Moldavia, alla corte dello zio Bogdan.
Qui fu accolto con ogni riguardo, e venne nuovamente istruito alla religione cristiana insieme al cugino Stefano, coetaneo generoso e di vivace intelligenza. 
Col cugino si intese immediatamente , tanto da scambiare con lui un solenne giuramento di lealtà reciproca che onorerà diversi anni più tardi, invadendo la Moldavia con il suo esercito e sconfiggendo l’usurpatore Aron che venne deposto in favore del nuovo re: Stefano.

L'ascesa al potere

Solo nel 1454, dopo aver partecipato alle crociate nei Balcani e alle guerriglie contro i turchi, Vlad rientra in possesso dei domini paterni. Ora può concedersi finalmente la vendetta. Da quel momento Vlad III, ormai chiamato semplicemente Dracul (demonio) compirà ogni genere di massacri, mettendo in pratica le torture e sevizie apprese alla corte turca. 
Prende a organizzare festosi banchetti a cui invita tutti quelli di cui desidera sbarazzarsi. Poi, dopo aver allestito una vera e propria foresta di pali acuminati, contempla dall’alto della propria fortezza il martirio dei nemici. 
Mentre la sua fama di assassino spietato dilaga in tutta europa, è Dracula stesso a scrivere in un diario il numero delle sue vittime e i supplizi a loro inflitti. 

Le torture

A seconda del proprio umore o dell’importanza della vittima, i supplizi venivano inflitti in modi diversi. L’estremità del palo poteva essere appuntita per trafiggere il condannato all'altezza dell'addome e issarlo in alto in attesa della morte, che poteva essere immediata o sopraggiungere dopo ore di agonia. 

A volte veniva utilizzata un’asta con la punta arrotondata e cosparsa di grasso, che veniva inserita nel retto della vittima e issata, in modo che il peso stesso del condannato facesse penetrare l'asta all'interno del corpo. La morte poteva sopraggiungere dopo diversi giorni di lenta agonia. 
Per impalare i ricchi, faceva ricoprire l'asta d'argento e usava pali più lunghi, in modo che potessero “godere” dello spettacolo dall’alto. Vlad odiava in modo particolare i mercanti, accusati di spocchia e di affossare l’economia della Valacchia per i propri tornaconti, e a loro riservava aste da impalamento con tacche incise nel legno, in modo da rallentare lo scivolamento del corpo e aumentare così l'agonia dei malcapitati. 

Studiò metodi personalizzati per impalare donne incinte, bambini, ladri, vecchi, guerrieri, ambasciatori o traditori. 
Tante sono le storie dell'epoca, che narrano le efferatezze perseguite dal Principe Vlad.
Durante un banchetto allestito davanti a una foresta di migliaia di nemici impalati, Dracula ricevette la visita di un cronista dal Vaticano. L'uomo, reo di essersi lamentato per la disgustosa vista e il fetore emanato dai cadaveri, venne fatto impalare con l’accuratezza di utilizzare un’asta più alta di tutti, cosicché non fosse disturbato dall'odore dei corpi.
Nel 1459, il principe Dracula fece invitare a palazzo alcuni mercanti che, a suo dire, avevano mancato di rispetto nei confronti della sua persona. Li fece banchettare come se nulla fosse e alla fine del pasto fece sventrare il primo e obbligò l’altro a mangiare il contenuto dello stomaco del collega. Venne poi fatto bollire e i suoi resti furono dati in pasto ai cani.
Nel 1461 al palazzo di Dracula arrivò un ambasciatore del Sultano turco. Quando questi si rifiutò di levarsi il turbante, perché sarebbe stato un gesto irrispettoso verso la propria religione, il padrone di casa diede l’ordine di inchiodargli il copricapo in testa.
Una delle tante leggende che hanno fomentato il suo mito di vampiro, racconta della mania di Dracula di impalare giovani vergini, da cui veniva spillato il sangue che veniva conservato in una ampolla riposta fra i boccali di vino e di acquavite.

La lotta e l'arresto

Conscio del pericolo rappresentato dall’avanzata delle truppe ottomane, accoglie l’appello del papa Pio II e si schiera contro l’Islam. 
Dracula riesce a penetrare nel loro accampamento con il piano di uccidere il sultano Maometto II, suo amico ai tempi della prigionia turca, ma il piano fallisce ed è costretto a ritirarsi.
Maometto II, deciso a sbarazzarsi di lui, propone a Radu, il fratello rimasto alla sua corte, di spodestare Vlad. Nonostante l’aiuto del cugino Stefano, Dracula venne spodestato dal fratello e costretto a rifugiarsi nei monti della Transilvania. Braccato dai nemici, si nasconde in una grotta insieme a uno sparuto gruppo di fedelissimi.

Mentre Dracula di nasconde, il re d’Ungheria 
Matteo Corvino, costretto a un segreto patto di non aggressione con i turchi, si schiera contro di lui e spedisce le sue truppe a cercarlo. Il 25 dicembre 1461, Dracula viene condotto in catene a Buda dove, in presenza della corte pronuncia questo sibillino discorso "Voi mi credete sconfitto maestà, e senza alleati. In realtà ho un alleato molto influente, oserei dire di suprema potenza. Vi consiglierei prudenza perché noi non amiamo perdere."
Quell’alleato potente a cui si riferiva Dracula nel suo discorso al re d’Ungheria era probabilmente il Papa stesso.
Dracula resta prigioniero per 12 anni, anche se grazie alle sue nobili origini gode di un regime particolarmente privilegiato.

Riconquista del trono e morte



Quando il nuovo Papa Sisto IV, decise di preparare l’ennesima crociata contro gli infedeli, Dracula riceve la visita di un nunzio apostolico da Roma, che chiede ufficialmente a Vlad di capeggiare la nuova Crociata. Dracula accetta in cambio della libertà e della restituzione dei suoi possedimenti.

Intanto il cugino Stefano, sotto suggerimento della Chiesa, va all'attacco di Radu, sconfiggendolo e detronizzandolo. Nel 1476 Dracula può riavere titoli, possedimenti e può tornare sul trono di Valacchia.

Ma la tragedia incombe perché nell’estate del 1476, durante l’ennesimo scontro con i turchi, Dracula morì misteriosamente (c’è chi dice sia stato ucciso dai suoi uomini perché scambiato per un turco) sul campo di battaglia.

Svariate e misteriose sono le ipotesi su dove sia finita la sua salma. Alcuni pensano sia stata bruciata, altri pensano sia stata fatta a pezzi ed esposta ad Istanbul.

Ma la teoria più accreditata dagli storici è che il corpo di Dracula sia stato ritrovato in un monastero nella città di 
Snagov, una tomba stranamente venerata dai monaci e da loro considerata quella di Vlad Tepes. Lo scheletro che è stato scoperto dagli studiosi era vestito con abiti in seta vermiglia e calzava al dito un anello con inciso il simbolo del famoso Ordine del Drago.


http://www.latelanera.com/vite-estreme/personaggio.asp?id=261

mercoledì 3 giugno 2015

Jolly Roger - Origine della bandiera pirata


Jolly Roger è il termine con il quale si indica l’emblema tipico dei pirati, l’inquietante bandiera nera sulla quale risalta un teschio posto al di sopra di due ossa incrociate,raffigurante inequivocabilmente un simbolo di morte.


L’origine del termine ha alcune versioni: una sostiene che derivi dal francese jolie rouge. La bandiera rossa era in effetti sventolata dai corsari inglesi, sul finire del XVII secolo, per annunciare il loro attacco. Quando la guerra di successione spagnola terminò, nel 1714, alcuni equipaggi inglesi si dedicarono alla pirateria, mantenendo invariata questa usanza.
Nonostante la bandiera nera Jolly Roger preannunciasse un assalto dei pirati che la innalzavano, quella rossa era molto più temibile: avvisava che l’assalto sarebbe avvenuto con una battaglia senza pietà e che nessuna vita sarebbe stata risparmiata.

Avvistare invece una bandiera nera era più auspicabile, in quanto significava avere la possibilità di resa senza entrare in combattimento. Tuttavia, innalzare la Jolly Roger troppo presto aveva anche degli svantaggi: la nave prescelta da abbordare avrebbe potuto fuggire; la tattica dei pirati in alcuni casi era quella dell’inganno: issavano una bandiera di identificazione amica e all’ultimo momento la sostituivano con la bandiera nera.

Un’altra versione dell’origine del termine è la sua derivazione da Ali Raja, cioè “Re del mare”, nome del capo di un gruppo di pirati asiatici. Un’altra ipotesi è quella che il termine derivi dall’inglese antico roger, che significa vagabondo; in particolare Old Roger indicava il diavolo.

La simbologia raffigurata sulle bandiere nere dei pirati poteva avere alcune varianti: i pirati Calico Jack Rackham e Thomas Tew sostituivano le due ossa con due spade, simboli di potere.
 Edward Teach, meglio noto come Barbanera, usava uno scheletro con una clessidra in una mano e una spada o una freccia nell’altra, con a fianco un cuore sanguinante.

La bandiera di Bartholomew Roberts, noto come Black Bart, aveva due varianti. La prima raffigurava un uomo e uno scheletro che regge una spada o una freccia in una mano ed una tazza nell’altra brindando alla morte.

La seconda un uomo armato di spada in piedi su due teschi sopra le lettere ABH e AMH, che significavano “ una testa delle Barbados” (A Barbadian’s Head) e “una testa della Martinica (A Matrinican’s Head), eloquente minaccia di morte per gli abitanti delle isole che lo avevano contrastato.

La clessidra, raffigurata in molte bandiere dei pirati, raffigura il tempo fuggente e avvertiva i malcapitati che il tempo per loro stava per finire.
 




Il cannibale di Milwaukee - Jeffrey Dahmer



A differenza della maggior parte dei serial killer, Jeffrey Dahmer non è cresciuto in una di quelle famiglie disagiate ed emarginate, in cui spesso i figli subiscono le frustrazioni dei genitori, attraverso violenze fisiche ripetute. La famiglia Dahmer era invece una famiglia borghese, dalle condizioni economiche anche abbastanza agiate, in cui la violenza non faceva parte della vita quotidiana. Non la violenza fisica per lo meno. Jeffrey Dahmer nasce il 21 maggio del 1960, alle 16 e 34 all'Evangelical Deacons Hospital di Milwaukee, da Lionel Dahmer e Annette Joyce. Il padre Lionel è un affermato chimico, dal carattere taciturno e dal temperamento freddo e distaccato. La madre Annette invece era una centralinista, divenuta poi casalinga, con un carattere opposto a quello del marito. Era infatti iper-emotiva e fortemente egocentrica, sempre pronta a lamentarsi pur di essere al centro delle attenzioni del marito. La gravidanza che portò alla luce Jeffrey fu difficile per Annette e dalla nascita del primogenito, ne scaturì una violenta depressione post-parto che la segnò per tutti gli anni a venire, e che la costrinse ad abbandonare il posto di lavoro. E' in questo periodo che cominciano i continui litigi tra Lionel e Annette, per via della loro profonda differenza di carattere. Lionel passava gran parte del suo tempo in laboratorio a seguire le sue ricerche e Annette, bravissima nell'autocommiserazione, non mancava di farglielo notare di volta in volta, pretendendo sempre le cure da parte del marito. 
Il primo ricordo dell'infanzia di Jeffrey risale all'età di 4 anni, quando dopo aver già sofferto di una otite ed una leggera polmonite, si rende necessario un intervento chirugico per l'asportazione di un'ernia inguinale. Jeffrey riferirà diverse volte durante gli interrogatori e le sedute del processo, che l'unica cosa che non avrebbe mai dimenticato era quel bruciore intenso alrisveglio dall'anestesia, e la convinzione di essere stato castrato. Il lavoro del padre costringe la famiglia Dahmer a continui trasferimenti, così nel corso degli anni Jeffrey non riuscirà mai a stringere un vero rapporto di amicizia con nessun coetaneo, sviluppando un carattere solitario e malinconico. I litigi continui poi dei genitori aumentano la chiusura in se stesso in modo irreparabile. A 5 anni inizia a sviluppare una morbosa passione per gli animali, e come dirà poi in seguito, anche la curiosità di vedere "come erano fatti dentro".
      Il 1966 fu un anno importante per tutta la famiglia Dahmer. La depressione della madre aumentò ancora, ed ormai Annette era schiava dei medicinali, che prendeva in quantità sempre più massicce, senza esitare a raddoppiare le dosi se questi non avevano l'effetto da lei sperato. Passava le giornate a letto, così Lionel era anche costretto a far la spesa dopo il lavoro. Jeffrey intanto cresceva sempre più trascurato. Inoltre sempre nello stesso anno, la madre rimase incinta per la seconda volta. Contemporaneamente Lionel finì il suo dottorato e trovò posto come ricercatore in Ohio. Questo significò quindi un nuovo trasferimento. Per Jeffrey questo voleva dire cambiare ancora scuola e dover lasciare tutti i suoi animaletti. L'escalation fu repentina. A 9 anni era solito disegnare continuamente scheletri umani, che chiamava "
uomini stecco". Durante un pranzo in famiglia, mentre mangiava il pollo chiese al padre di mettere le ossa in una vaschetta con la candeggina "per vedere cosa sarebbe successo". Il padre, accortosi che comunque il bambino cresceva con un carattere chiuso, decise di accontentarlo, entusiasta del fatto che il figlio esprimesse almeno un interesse verso le scienze biologiche. 
A 13 anni, dopo un ulteriore trasferimento della famiglia, viveva in una casa vicino ai boschi. Ed era proprio qui che Jeffrey aveva messo su un vero e proprio cimitero degli animali. Era qui che portava scoiattoli, ratti e qualsiasi animale morto per sezionarlo e conservare gli scheletri in vasetti pieni di formaldeide. Fu in questo periodo che iniziò anche a commettere degli scherzi macabri ai suoi compagni di classe, facendo trovare loro teste mozzate di animali davanti all'ingresso di casa, oppure era solito inchiodare i corpicini martoriati e scuoiati sugli alberi. Ed è sempre in questo periodo, che subisce ripetuti abusi sessuali da parte di un vicino di casa molto più grande di lui, abusi di cui però non farà mai parola con i genitori, e che si porterà dentro, sviluppando altro rancore ed una latente omosessualità. A 14 anni avrà poi il primo rapporto omosessuale della sua vita con un ragazzo del quartiere, con il quale scoprirà anche l'uso e l'abuso di alcolici che lo accompagnerà per tutta la vita.



     Arriva poi il 1978, un anno cruciale per Jeffrey. Per due motivi. In quest'anno avviene l'inevitabile separazione dei genitori ed il primo omicidio di quello che poi sarà ricordato dalle cronache come il "cannibale di Milwaukee". Da tempo ormai Jeffrey aveva fantasie erotiche estreme, frequentava assiduamente negozi specializzati in articoli erotici per uomini e comprava riviste che ritraeva uomini nudi. Praticava la masturbazione quotidianamente fino ad arrivare a 3 volte al giorno. Approfittando dell'assenza dei genitori quindi, decise di andare a fare un giro in auto. Quella serà caricò in macchina un autostoppista, Stephen Hicks, di 19 anni, e gli offrì di andare a bere della birra a casa sua. Hicks accettò, ma poi verso fine serata, quando disse che era ora di andar via, la situazione precipitò. Jeffrey gli chiese di restare ancora un pò e, quando l'altro rifiutò, lo tramortì con una sbarra di metallo e lo strangolò. Subito dopo si spogliò, masturbandosi con il cadavere prima di smembrarlo e portarlo nell'intercapedine sotto la casa ed abbandonarlo li.



     Passarono nove anni prima del secondo omicidio. Le fantasie non poterono essere messe in atto perchè Jeffrey era in Germania, arruolato nell'esercito, ma poi fu congedato per via dei suoi problemi legati all'alcool.Tornato negli Stati Uniti, con i genitori separati da anni ormai, andò a vivere a casa della nonna. Ed il 15 settembre del 1987 commise il suo secondo omicidio. Dopo essere stato a letto in albergo con il 24enne Stephen Toumi, lo strangolò. Poi riuscì a trasportare il cadavere in macchina occultandolo in una valigia. Arrivato a casa della vecchia nonna, lo smembrò nel seminterrato di casa e mise i diversi pezzi del cadavere in sacchetti della spazzatura, che abbandonò ai bordi della strada, per farli portare via dagli addetti della nettezza urbana. Da questo momento non si fermò più, gli omicidi si susseguirono a catena, ed il rituale diventava sempre più macabro. Tra il 1988 ed il 1991 commise altri 15 omicidi.
     Nella tarda serata del 17 gennaio 1988, incontrò un ragazzo di nome James Doxtator e lo uccise nella casa di sua nonna a West Allis. Il giorno dopo la madre di James avrebbe denunciato la scomparsa. Circa due mesi dopo, il 27 marzo 1988, Jeffrey Dahmer incontrò Richard Guerrero, ispanico 23 enne, e lo uccise ancora in casa di sua nonna. Per l'omicidio successivo ci volle quasi un anno. Era il 25 marzo del 1989 quando in un bar chiamato "La Cage", verso l'ora di chiusura, Jeffrey Dahmer incontrò Anthony Sears, 24enne di colore e Jeffrey Connor. Anthony accettò di seguire Dahmer a casa di sua nonna, dove fu poi ucciso. Il suo teschio, lo scalpo ed i genitali furono ritrovati ancora in casa, dalla polizia, quando Dahmer venne arrestato più di due anni dopo. Ma la lunga scia di cadaveri era ancora lontana dal fermarsi, anzi, dall'omicidio successivo Dahmer
cominciò a colpire con una frequenza serrata.
      Settembre 1990, Dahmer entra in ua libreria gay sulla 27esima strada, si mette a parlare con un giovane di Chicago, Ernest Miller. I due si recano a casa di Dahmer, dove Miller viene ucciso. Il suo teschio, come quello di Raymond Smith, viene ritrovato tra quelli dipinti che Jeffrey conservava in casa. Lo scheletro fu conservato per intero e servì a Jeffrey per atti di libidine che ebbe successivamente. Entrambi i resti fuorno ritrovati dalla polizia, la sera dell'arresto.
   
     17 febbraio 1991, ore 16, Dahmer incontra un 17enne nero, Curtis Straughter. Alla vittima riserva lo stesso macabro trattamento delle precedenti. Viene strangolato con una striscia di cuoio e poi sezionato. Vengono conservati il teschio, le mani ed i genitali, che Dahmer fotografa. Il riconoscimento avvenne grazie alle impronte dentali del teschio dipinto, ritrovato in casa la sera dell'arresto.
               27 maggio 1991. E' la volta di Konerak Sinthasomphone, figlio 14enne di immigrati del Laos. Jeffrey lo incontra davanti al centro commerciale "Grand Avenue Mall" e gli offre del denaro per seguirlo a casa. Konerak accetta di posare in mutande per delle foto erotiche prima di venire drogato. Ma capisce che qualcosa non quadra. Riesce a rendersi conto di aver ingerito delle droghe, così prende in mano tutte le sue forze e riesce a scappare nella notte. Sono quasi le due quando viene notato dalle 18enni Sandra Smith e Nicole Childress. Le ragazze chiamano la polizia che interviene immediatamente alla segnalazione di una ragazzino nudo che corre per la strada. Quando i poliziotti lo fermano Konerak riferirà in evidente stato confusionale dello strano ragazzo biondo, e di come lo avesse attirato in casa. Gli agenti decidono di andare a dare un'occhiata, ma si concluderà con un nulla di fatto. Konerak viene fatto sedere sulla poltrona e Jeffrey dirà loro che si tratta solo di una scaramuccia tra fidanzati, e che il suo ragazzo aveva bevuto un pò troppo. L'aspetto mite di Dahmer e il suo modo di vestire convincono i due agenti che Konerak, in effetti, abbia esagerato con l'alcool, e non volendo mettere il dito in discussioni tra omosessuali, lasciano la casa tra le scuse di Jeffrey per il falso allarme. Konerak morirà stranglato come tutti gli altri.
    6 luglio 1991. Sempre a Chicago, al "Carol's gay Bar" Jeffrey incontra il 23enne portoricano di origini ebree Jeremiah Weinberger. I due vanno in corriera fino a Milwakee. Il giorno dopo viene denunciata la scomparsa di Jeremiah, ma questi è ancora vivo. Come già aveva fatto ad altre vittime, dopo essere stato drogato, Dahmer gli aveva praticato con un trapano un piccolissimo foro in testa, rendendolo così innocuo e completamente ridotto allo stato vegetativo. In questo modo Dahmer poteva praticare tutte le sue fantasie sessuali perverse, senza alcuna protesta da parte della vittima. Jeremiah morì soltanto il terzo giorno. La sua testa era tra quelle conservate nel grosso congelatore, ed il suo busto insieme a quello di Matt Turner, nel barile blu in camera sua.


      L'interminabile scia di sangue ebbe finalmente fine la sera del 22 luglio 1991, quando Dahmer portò a casa un ragazzo di colore 32enne, Tracy Edwards, che aveva conosciuto pochi giorni prima davanti al centro commerciale. Quella sera due agenti di pattuglia si videro comparire davanti alla loro macchina un giovane nudo, con un paio di manette che penzolava da un polso. Dopo averlo bloccato, insospettiti da quella manetta, decisero di credere alla storia che il ragazzo stava raccontando. si recarono così a casa di Dahmer, il ragazzo che secondo Edwards l'aveva ammanettato con l'intento di ucciderlo. Arrivati a destinazione, i due agenti si trovarono di fronte ad un bel ragazzo biondo, ben vestito e dai modi gentili. Ma il fetore che proveniva dall'interno era troppo forte, così i poliziotti entrarono di forza nell'appartamento, decisi a dare un'occhiata. Non immaginavano minimamente cosa si sarebbero trovati di fronte. Tre teste umane nel congelatore, quattro teschi dipinti su uno scaffale ed altri sparsi per la casa, organi umani all'interno di un grosso congelatore, insieme a mani e uno scheletro. Ancora, 3 torsi umani nel barile.

     Il processo si svolge davanti ad un impassibile Dahmer, nel 1992 e vede l'imputato condannato a 15 ergastoli, per un totale minimo di 936 anni di reclusione da scontare. A Jeffrey gli viene proposta la custodia protettiva in virtù delle svariate minacce di morte che gli sono pervenute, ma lo stesso Dahmer rifiuta. Viene così ucciso il 28 novembre del 1994 da un altro detenuto squilibrato, Christofer Scarver, che gli sfonda il cranio con una sbarra di ferro uccidendolo all'istante. Scarver dichiarerà poi di essere il figlio di Dio e di aver agito "su ordine del Padre".


"Vostro Onore, è finita. Non ho mai cercato di essere liberato. Francamente volevo la morte per me stesso. Voglio dire al mondo che non l'ho fatto per odio. Non ho mai odiato nessuno. Sapevo di essere malato, cattivo o entrambe le cose. Adesso credo d'essere veramente malato. Il dottore mi ha parlato della mia malattia e di quanto male ho causato. Ho fatto del mio meglio per fare ammenda dopo il mio arresto, ma non importa, non posso eliminare così il terribile male che ho causato. Vi ringrazio Vostro Onore, sono pronto per la vostra sentenza, che sono sicuro sarà il massimo. Non chiedo attenuanti, ma per piacere dite al mondo che mi dispiace per quello che ho fatto."



Dichiarazione di Drahmer a fine processo.